scheda tecnica

Documentario di Raffaele Manco

Voce Narrante Isabella Polisena

Anno di produzione 2024

Durata 102 minuti

Logline

Un viaggio nel profondo Sud degli Stati Uniti d’America, incontrando persone, storie e luoghi segnati dalla storia del paese. Una riflessione sull’inizio e la fine del grande sogno americano.

Sinossi

Nell’estate 2017 un filmmaker attraversa in macchina Georgia, Alabama, Louisiana, Mississippi, Tennessee, Kentucky, Virginia, North e South Carolina. Durante il viaggio filma il paesaggio circostante come luogo metafisico, tra l’incontaminato e l’abbandono. Una natura generosa e cittadine semi deserte. Il suono delle cicale estive e quelle dei banjo. Ma anche l’incontro con persone comuni le cui storie si incrociano con la grande Storia del paese.

Una casa che ha visto passare trecento anni di varie generazioni della stessa famiglia, dalla conquista dell’indipendenza alla Guerra Civile, dalla schiavitù ad Abraham Lincoln. L’incontro con la comunità degli amish che vivono secondo regole religiose e morali del XVI secolo. Oppure le storie di chi ha scelto di vivere lontano dalle città e al ritmo della natura. E poi c’è chi è sopravvissuto all’uragano Katrina e vede l’inesorabile cambiamento a cui è destinata la costa della Louisiana. L’America multirazziale e delle opportunità, l’America del razzismo. L’America delle armi e della Bibbia.

Tante e diverse voci narranti che procedono accompagnate da citazioni di autori letterari americani, aneddoti e musica registrata dal vivo.

Una riflessione su un paese ancora profondamente segnato dalla pesante eredità lasciata dal colonialismo, dalla guerra civile e dalla segregazione razziale. L’inizio e la fine del grande sogno, che è stato forse il sogno di tutti.

Attualità del documentario

Il materiale video è stato girato nel 2017 all’indomani dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca che aveva da poco vinto le elezioni sulla rivale Hillary Clinton, e che trovava un’America divisa. La scrittura e altre ricerche sono durate anni fino al montaggio definitivo terminato nel 2024, in concomitanza con l’elezione al secondo mandato di Trump. A distanza di sette anni, quelle divisioni sembrano aumentate e l’imminente esito delle urne paventano un clima di tensione da guerra civile. Le logiche e gli equilibri geopolitici mondiali sono strettamente legati tra di loro e la politica americana ha da sempre ripercussioni su quella europea. Per capire il presente bisogna conoscere e saper leggere il passato.

Note del regista

Il viaggio, così concepito, era il sogno di una vita per me appassionato di un certo cinema e letteratura americana. Della sua natura e dei suoi spazi. Non ero solo un viaggiatore ma anche uno spettatore. Molto combattuto. Non ero interessato, o per meglio dire condizionato dal mito, ma bensì dalle contraddizioni, i conflitti, che in qualche modo emergevano sempre rispetto a un paese che doveva fare i conti con le circostanze in cui era nato. Da una parte la hybris dell’uomo esploratore, il conseguente colonialismo, la violenza per consolidarsi, il genocidio dei popoli nativi. Dall’altra la speranza figlia della disperazione di masse di immigrati cacciati via dall’Europa perché subordinati costantemente alle aristocrazie, come gli irlandesi vessati dagli inglesi. Oppure di credi religiosi perseguitati, come gli amish costretti a fuggire dalla Germania. Fino a quelli che erano stati portati via forzatamente dall’Africa, per farne schiavi delle neonate aristocrazie americane.

E la natura selvaggia, le guerre costanti tra indiani e coloni, tra coloni e coloni, tra coloni e nuovi immigrati. Le epidemie che decimarono prima i nativi e poi i coloni, portatori loro stessi di molte malattie.

Una nazione fatta da immigrati. “Il patriottismo degli espatriati”.

È con questo bagaglio che sono partito per un viaggio on the road dormendo tra motel e fattorie. Ho registrato i suoni, le parole, incontri spesso improvvisi, storie di persone comuni che si intrecciavano con la grande Storia americana, andando indietro fino alla schiavitù e Abraham Lincoln e ancora più lontano ai primi pionieri. Tutte queste storie avevano un denominatore comune: la ricerca di un luogo dove insediarsi e poter realizzare la propria visione di vita in libertà.

Trenta ore di girato e migliaia di chilometri percorsi. Avevo raccolto una quantità tale di materiale che andava gestito con cautela. Volevo che quegli incontri con i luoghi e le persone che li abitavano, restituissero di riflesso la complessità del paese, una complessità fecondata nel momento in cui il primo esploratore, saltato giù da un’imbarcazione, aveva affondato il suo stivale nella sabbia.

Il montaggio è durato 7 anni, tra pause, rimandi e riflessioni. Anni in cui ho compiuto altri viaggi di lavoro nel continente americano e canadese, accompagnati sempre da letture di saggi socio-antropologici, romanzi e approfondimenti. Per arrivare non alla risposta, ma alla domanda che è il movente di tutto il documentario: in che misura l’identità di un paese è segnata dalle condizioni in cui essa stessa è nata? La storia americana è da sempre una storia europea, africana, orientale, la storia di tutti quelli che partivano alla ricerca della loro Arcadia. E questo non mi sembrava tanto diverso da oggi.

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